lunedì 23 gennaio 2017

IL MONITORAGGIO DELLA SPESA PUBBLICA NELL’ATTUALE REALTA’ NORMATIVA

Gli anni novanta, può apparire ormai perfino superfluo ricordare, si caratterizzano, tra l’altro, per avere impresso una decisa accelerazione alla riforma della Pubblica Amministrazione, la quale, anche se sino ad oggi non è completamente realizzata, certamente è stata posta su basi normative che lentamente ma pervicacemente stanno modificando il modo di porsi nei confronti della collettività del pubblico dipendente.
Se si confronta, infatti, la Pubblica Amministrazione di oggi con quella di ieri, volta a garantire il mantenimento di un rapporto autoritario dello Stato nei confronti del cittadino, considerato alla stregua di un suddito, non può non osservarsi un netto cambiamento nel rapporto di relazione posto in essere nei confronti del cittadino utente.
Basta, ad esempio, recarsi presso qualsiasi sportello pubblico per notare un approccio diverso, più disponibile, del dipendente pubblico; basta dare uno sguardo alle modalità operative introdotte a seguito della quasi totale informatizzazione della P.A.; alla velocità di risposta che ne consegue; alla semplificazione normativa ed amministrativa realizzate; alla c.d. sburocratizzazione in atto dei procedimenti; alle privatizzazioni, per rendersi immediatamente conto che, solo rispetto a qualche anno fa, sono stati fatti passi da gigante verso la presa di coscienza che amministrare la cosa pubblica significa rendere un servizio effettivo agli amministrati.
Tale nuovo modo di sentire e di rendere il servizio ha trovato il riferimento normativo nell’assetto ordinamentale amministrativo con l’introduzione dei concetti di trasparenza, di efficienza, di efficacia, di economicità e di misurazione dei risultati nell’agire amministrativo.
Questo processo innovativo, però, teleologicamente ispirato alla migliore resa del servizio pubblico, sia sotto l’aspetto quantitativo che qualitativo, potrebbe risultare insufficiente se non fosse tendenzialmente finalizzato a dare conto dell’impiego delle risorse finanziarie pubbliche in senso più propriamente utilitaristico per la collettività, ponendo particolare attenzione alle notevoli dispersioni, (recte sprechi), cui da sempre è stata richiamata l’attenzione dell’opinione pubblica, denigrando l’operato del pubblico funzionario.
Viene maturando, pertanto, l’esigenza, in tale nuova visione del sentire collettivo, di dover dare conto, non solo della coerenza dell’impiego delle risorse finanziarie con gli obiettivi di politica economica perseguiti per ogni singolo settore d’intervento, ma anche dell’utilizzo definitivo di tali risorse da parte dei destinatari delle stesse, pubblici o privati, parametrato con canoni non solo di stretta legalità, ma anche di efficacia, di efficienza, di trasparenza, di economicità, oltre che di inerenza con l’obiettivo programmato.
Apparirebbe, infatti, incoerente, nell’attuale contesto storico, destinare risorse pubbliche a sostegno di obiettivi programmati prescindendo poi di accertare l’effettività di ritorno atteso per la collettività, in termini di controprestazioni di servizi ed in termini di rapporto ragionevole con l’entità delle risorse impiegate.
Va maturando in definitiva, quindi, il convincimento che non basta la destinazione effettiva  delle risorse programmate per ogni settore pubblico o d’interesse pubblico, soddisfacendo solo formalmente l’obiettivo politicamente fissato, ma che occorra percorrere la via del soddisfacimento sostanziale dell’interesse a tale obiettivo sotteso, disponendo accertamenti sul modello gestionale utilizzato da chi è stato destinatario di risorse pubbliche, anche in forma contributiva, rapportandoli a criteri di legalità, trasparenza, efficienza, efficacia, economicità e di inerenza, al fine di ottimizzare quantitativamente e qualitativamente l’entità del servizio ottenuto dalla trasformazione delle risorse finanziarie pubbliche impiegate, perseguendo così la cultura del risultato concreto degli interventi pubblici.
 
 


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